Negli ultimi anni l’Indo-Pacifico, all’interno del quale Papua Nuova Guinea, Filippine e Malesia formano l’ormai noto “triangolo d’oro“, rappresenta la meta più ricercata dal turismo subacqueo grazie alla ricchezza e alla particolarità dei fondali che ospitano, in assoluto, le più svariate specie di fauna e flora esistente in natura. In particolare l’Indonesia (posizionata proprio al centro del “triangolo”), con il Parco Marino di Bunaken, lo stretto di Lembeh ed il nord Sulawesi, è famosa in tutto il mondo per la maggiore concentrazione di biodiversità marina con pareti ricoperte da corallo e distese interminabili di gorgonie, pesci di barriera e soprattutto i ‘critters’, ovvero pesci di dimensioni microscopiche come il pigmy (cavalluccio marino che raggiunge al massimo i 2 centimetri di lunghezza), insieme a nudibranchi di ogni forma e colore, al pesce ago fantasma nelle sue diverse conformazioni, al pegasus e al pesce mandarino con la sua livrea multicolore, talmente perfetta ed articolata che sembra disegnata dal più abile dei pittori.
Gangga Island, piccola isola a nord di Sulawesi nel tratto di mare che unisce il Mar di Celebes con il Mar delle Molucche, è indiscutibilmente uno dei luoghi più magici ed incontaminati che si possano incontrare nel cuore dell’Indo-Pacifico.
Poco distante da Manado, capitale del Sulawesi, Gangga è l’isola del silenzio, interrotto solo dalla leggera risacca che si infrange dolcemente sull’ampio lembo di spiaggia circostante, dei profumi di frangipane, ibiscus ed orchidee che regnano sovrani e dei fondali mozzafiato.
Immergersi a Gangga è come avventurarsi in un mondo dove niente è scontato: ogni parete, ogni pinnacolo, ogni anfratto, ospita e “nasconde” veri e propri gioielli sottomarini, talvolta difficili da scorgere ad occhio nudo (per le loro dimensioni microscopiche) se non con l’aiuto di una guida esperta.
Imbarcandosi da un piccolo porticciolo a nord di Manado, si raggiunge l’isola a bordo di una delle tipiche barche indonesiane. Durante la breve navigazione, i contorni di questo lembo di terra lunga circa 20 km e larga 2 km, diventano sempre più nitidi ed il contrasto fra la fitta vegetazione tropicale ed il blu cobalto del mare riempie gli occhi ed il cuore. Sullo sfondo le piccole imbarcazioni dei pescatori sembrano galleggiare sospese fra cielo e mare con il loro incedere lento, sospinto da colorate vele artigianali.
L’imponenza della natura è tale da stordirti ed inebriarti e, mentre navighiamo, riusciamo già a scorgere la meraviglia dei fondali che attendono solo di essere scoperti. All’orizzonte si stagliano Bangka e Talisei, altre due isole di origine vulcanica che, insieme a Gangga, formano un arcipelago unico nel suo genere.
L’arrivo a Gangga, dove ci accoglie il calore e l’ospitalità dello staff dell’unico resort presente sull’isola, segna la fine di un lungo viaggio e l’inizio di un’esperienza il cui ricordo rimarrà impresso nelle nostra mente per sempre. L’organizzazione è impeccabile: dopo poche ore la nostra attrezzatura subacquea, depositata fuori dall’accogliente e curatissimo bungalow a pochi passi dalla battigia, è già sistemata a bordo di una delle sette barche del diving e per l’intero soggiorno provvederà l’equipaggio della barca a lavarla (con tanto di disinfettante!!) e riporla giornalmente nelle apposite ceste. Giusto il tempo di infilarsi il costume, raggiungere il piccolo molo e siamo pronti per il primo tuffo. L’emozione e l’impazienza si fanno sempre più incalzanti mentre la nostra guida, un giovane indonesiano dagli occhi vivaci ed il sorriso contagioso, ci illustra la moltitudine dei siti di immersione raggiungibili e delle specie marine che ci attendono.
Pulisan, Hbo point , Paradise, Sahuang, Aer Banua, Sempini, Efratha sono solo alcuni degli oltre 60 punti di immersioni raggiungibili da Gangga; senza contare che in appena un’ora e mezza di navigazione si può raggiungere l’arcipelago di Bunaken.
con le pareti mozzafiato di Likuan, e in circa due ore, navigando dalla parte opposta, lo stretto di Lembeh, il top per gli amanti della macro-fotografia.
Il primo incontro, indimenticabile, è proprio con il pigmy sea horse, il cavalluccio marino più piccolo esistente in natura (solo 5 millimetri), nascosto su un’alga a ridosso di una parete. Appena più in la, il ghost pipe fish (pesce ago fantasma abilissimi nel confondersi in mezzo a crinoidi e coralli) e ancora polpi e seppie gigantesche che al nostro passaggio cercano rifugio cambiando livrea per mimetizzarsi con l’ambiente circostante. L’esplosione di cromatismi è tale da non sapere dove posare lo sguardo: banchi di pesci di barriera ci circondano da ogni lato, frog fish (pesci rana) bianchi, gialli, neri, marroni e bianchi, riposano placidamente dentro le spugne a barile, pesci foglia in balia delle correnti cercano rifugio a ridosso della barriera corallina che sprofonda dritta verso gli abissi dove la vita sottomarina è talmente vivace da sembrare irreale.
Ma l’appuntamento più importante, e più “indiscreto”, è alle cinque del pomeriggio con il pesce mandarino, uno delle specie più rare da incontrare, che, proprio al calare del sole, lascia il suo rifugio naturale costituito da acropore, e si avventura alla ricerca di una compagna per l’accoppiamento. Hbo Point è il luogo dove è davvero facile incontrarne a decine, alcuni impegnati in corteggiamenti estenuanti, altri mentre si accoppiano con una danza perfetta, nuotando all’unisono verso l’alto e sfiorandosi il corpo.